DA GAZA AL MAR ROSSO: 150 GIORNI DI GUERRA

La crisi umanitaria a Gaza si fa sempre più grave, mentre sfumano le speranze di una tregua. Intanto le forze della Marina italiana abbattono il primo drone Houthi.

A Gaza le persone “stanno morendo di fame” e Israele dovrebbe “aumentare in modo significativo il flusso di aiuti” nella Striscia. Lo ha detto la vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris esortando le parti “a un cessate il fuoco immediato che duri almeno sei settimane” in cambio della liberazione degli ostaggi israeliani ancora sotto sequestro. Per la prima volta dall’inizio del conflitto, un esponente della Casa Bianca si pronuncia a favore di una tregua immediata, insistendo con forza sulle sofferenze causate alla popolazione civile palestinese. Le parole di Harris, però, suonano più come un invito che come un’esortazione: arrivano, infatti, all’indomani dell’ennesimo smacco diplomatico nel tentativo di convincere Israele e Hamas a siglare una tregua per il Ramadan. Le pressioni per un accordo di cessate il fuoco si erano intensificate dopo la strage avvenuta giovedì alle porte di Gaza City, nel nord dell’enclave palestinese, dove – secondo numerose fonti, ma non Israele che continua a negare ogni responsabilità – almeno 114 persone sono state uccise quando la folla si è precipitata contro un convoglio umanitario e le truppe israeliane hanno aperto il fuoco. L’episodio ha sollevato un’ondata di sdegno e critiche a livello internazionale, ma non abbastanza da costringere le parti a siglare un accordo: i colloqui in programma al Cairo sono stati disertati da Israele, dopo che Hamas si è rifiutata di fornire un elenco degli ostaggi ancora vivi presenti nella Striscia. E le speranze che si erano diffuse la scorsa settimana per un cessate il fuoco stanno rapidamente lasciando il posto allo scetticismo.

 

Washington sta finendo la pazienza?

Al ritorno dall’Alabama, dove ha pronunciato il suo appello in favore di Gaza, Harris incontra oggi alla Casa Bianca Benny Gantz, membro di spicco del gabinetto di guerra israeliano. La visita sta attirando molta attenzione poiché Gantz – che nel corso della sua permanenza a Washington, incontrerà anche il segretario di Stato Antony Blinken e il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan – è dichiaratamente a favore di un accordo e ha ripetutamente affermato che il rilascio degli ostaggi è un obiettivo più importante rispetto a quello di distruggere Hamas. Inoltre, il ministro, già capo di stato maggiore e ministro della Difesa, è il principale rivale politico del primo ministro Benjamin Netanyahu e stando ai sondaggi, se in Israele si votasse oggi, lo sconfiggerebbe con un margine di diversi punti percentuali. Non stupisce perciò che quest’ultimo non avesse autorizzato la visita negli Stati Uniti e, stando a fronti bene informate, abbia ribadito in una telefonata con il ministro che “c’è un solo primo ministro in Israele”. Mentre i funzionari affermano che quella di Gantz sia una visita di routine, il fatto che la Casa Bianca, frustrata dallo stallo sul cessate il fuoco, abbia deciso di stendergli il tappeto rosso, autorizzando incontri di così alto livello, sembra un segnale tanto per Netanyahu che per l’opinione pubblica israeliana. Sabato, per la prima volta, gli Stati Uniti hanno lanciato aiuti aerei a Gaza. Un gesto di sostegno, ma che non potrà certo aiutare a risolvere il problema: l’operazione ha distribuito circa 38mila pasti, mentre sono oltre 2 milioni gli abitanti della Striscia ad aver bisogno di cibo. Nel frattempo, secondo le autorità sanitarie, almeno 15 bambini sono morti di fame nel nord dell’enclave, per disidratazione e malnutrizione in mancanza di latte in polvere.

In Cisgiordania si rischia il caos?

Preoccupano anche le notizie in arrivo dalla Cisgiordania, dove un ragazzo di 16 anni è stato ucciso a colpi di arma da fuoco dalle forze di sicurezza israeliane durante un raid notturno nel campo di al-Amari, nella città di Ramallah. Secondo l’agenzia palestinese Wafa l’uccisione di Mustafa Abu Shalbak sarebbe avvenuta nelle prime ore del mattino durante una massiccia operazione delle forze di sicurezza che ha interessato diverse città della Cisgiordania. Il raid si è concluso con 55 arresti, di cui 22 a Hebron, mentre altre detenzioni hanno avuto luogo a Tubas, Betlemme, Qalqilya e Gerusalemme est. Testimoni nella capitale amministrativa del territorio palestinese, sede del quartier generale dell’Autorità Nazionale Palestinese guidata dal presidente Mahmoud Abbas, hanno affermato che le forze israeliane hanno fatto irruzione con dozzine di veicoli militari, aprendo il fuoco sui residenti che rispondevano lanciando pietre. Il ministero degli Esteri palestinese ha affermato che le autorità israeliane stanno rendendo la vita dei palestinesi in Cisgiordania “un inferno insopportabile” con azioni che includono raid, detenzioni e restrizioni alla libertà di  movimento, avvertendo di “seri rischi” di far precipitare la Cisgiordania nella “violenza e nell’anarchia”. Dall’inizio della guerra a Gaza sono almeno 400 i palestinesi rimasti uccisi negli scontri con soldati e coloni israeliani in Cisgiordania, mentre dal 7 ottobre ad oggi le detenzioni ammontano a circa 7.400 palestinesi.

Nuove tensioni nel Mar Rosso?

Mentre nei territori palestinesi infuriano le violenze e al Cairo si cerca una via d’uscita, sale anche la tensione nel Mar Rosso. Domenica, di fronte alle coste dello Yemen, la marina italiana ha abbattuto per la prima volta un drone dei ribelli Houthi. Lo ha reso noto il ministero della Difesa secondo cui la Nave Duilio – un cacciatorpediniere che incrociava nello stretto di Bab el-Mandeb – ha abbattuto un drone dalle caratteristiche analoghe a quelli già usati in precedenti attentati, che transitava in volo a circa sei chilometri in direzione della nave italiana. Nelle scorse settimane la milizia yemenita aveva avvisato che, assumendo il comando della forza navale dell’Operazione Aspides, l’Italia avrebbe messo “a repentaglio la sicurezza delle sue navi militari e commerciali”.Il comando strategico della missione – approvata dall’Unione europea per ristabilire la sicurezza marittima e delle imbarcazioni commerciali contro gli attacchi sferrati in rappresaglia a Israele e i suoi alleati per la guerra di Gaza – è affidato alla Grecia. All’Italia spetterà il comando operativo che comprende navi fornite da Germania, Francia, Belgio e Grecia. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani sarà domattina alla Camera e poi al Senato per ottenere l’approvazione del Parlamento alla missione.

Tratto da ISPI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*