USA2024, MOSCA E LA CAMPAGNA ELETTORALE

Biden attacca Putin, mentre Trump bacchetta la Nato e si paragona a Navalny. Così la Russia entra nella campagna elettorale americana. 

Appena due anni fa, prima dell’invasione dell’Ucraina di cui a giorni ricorrerà l’anniversario, analisti e strateghi di Washington erano convinti che lo scontro con Mosca – che aveva dominato gli anni della Guerra Fredda – avesse lasciato il posto ad un confronto più pressante, quello con la Cina di Xi Jinping. Gli eventi degli ultimi 24 mesi, però, hanno contribuito a cambiare il panorama internazionale riportando il Cremlino al centro della scena politica americana e delle preoccupazioni della Casa Bianca. E ieri, durante un evento elettorale a San Francisco, Joe Biden ha dichiarato che Putin è “un pericoloso e pazzo figlio di puttana” per colpa del quale “il mondo deve preoccuparsi di un conflitto nucleare”. Non è la prima volta che il presidente americano attacca colui che in passato aveva definito “un killer” e “il nemico pubblico numero uno”. Stavolta però si è scagliato anche contro Donald Trump, che nelle sue ultime dichiarazioni si era paragonato a Alexei Navalny , il dissidente russo morto in carcere venerdì scorso. “Si paragona a Navalny, dicendo che viene perseguitato proprio come lui” ha detto Biden, aggiungendo che un tempo “i repubblicani avevano un orizzonte morale che era americano. Ma ormai sembra sia andato perso”. Anche oggi, come già accaduto in passato, il leader del Cremlino incombe sulle presidenziali americane. Stavolta potrà fare affidamento su una risorsa inestimabile: la polarizzazione politica che rende la sua minaccia ancora più grande.

Il Gop favorisce Mosca?

Assecondando la sua trasformazione più recente, il Grand Old Party (Gop) dei conservatori americani – che un tempo si vantava di aver sconfitto l’Unione Sovietica – sta ora favorendo gli interessi dell’espansionismo russo . Il rifiuto dei Repubblicani alla Camera di approvare un nuovo pacchetto di aiuti da 60 miliardi di dollari per Kiev di fatto avvantaggia i militari russi sul campo di battaglia nell’Ucraina meridionale e orientale, in un momento in cui le sorti del conflitto già sembrano volgere a favore di Mosca. “Il problema in Ucraina è che non esiste un finale chiaro”, ha detto il senatore repubblicano J.D.Vance intervenendo la scorsa settimana alla Conferenza sulla Sicurezza a Monaco, spiegando che gli Stati Uniti “non producono abbastanza armi per sostenere le guerre nell’Europa orientale, in Medio Oriente e, potenzialmente, un contingente nell’Asia orientale”. Dal canto suo, Donald Trump, il candidato favorito per la nomination repubblicana secondo la stragrande maggioranza dei sondaggi, promette – se sarà eletto – di “trovare un accordo” per porre fine alla guerra “in un paio di giorni al massimo ”. Dichiarazioni che allarmano Bruxelles, per cui un ritorno alla Casa Bianca di Trump indebolirebbe la posizione dell’Ucraina e dell’Europa intera, alle prese con il peggior conflitto militare dalla fine della Seconda guerra mondiale, a tutto vantaggio di Mosca.

L’Europa teme un Trump 2.0?

E non c’è solo la possibile sconfitta in Ucraina a turbare le notti dei leader europei: appena pochi giorni fa Donald Trump ha riacceso il dibattito tra i 27 sulla necessità di integrare la difesa europea, affermando che non solo non sarebbe intervenuto, ma anzi avrebbe “incoraggiato la Russia a invadere gli alleati Nato ” che non avessero raggiunto gli obiettivi di spesa per la difesa, stabiliti dall’Alleanza al 2% del Pil di ciascuno stato membro. Un’osservazione che riprende un tema caro all’ex presidente Usa e che, allineando gli interessi di Washington agli obiettivi di Putin, ha scosso l’alleanza occidentale mettendo in dubbio il suo fondamentale mantra di difesa reciproca . Ma, quel che è peggio, dimostra che Trump sta già rimodellando la realtà geopolitica mesi prima del suo possibile ritorno alla Casa Bianca: il presidente Biden ha attribuito ai legislatori repubblicani la colpa dei recenti capovolgimenti sul campo di battaglia ucraino e il ritiro dei soldati di Kiev da Adiivka. Se Trump vincesse un secondo mandato e si ritirasse dalla Nato – convengono gli analisti europei – consegnerebbe a Putin la più grande vittoria strategica della Russia dai tempi della Guerra Fredda.

L’America che verrà?

A 24 mesi dall’invasione delle truppe russe in Ucraina, una cosa è ormai certa: le possibilità che la guerra finisca prima delle presidenziali americane di novembre – salvo clamorosi colpi di scena – sono remote. Perciò, nei lunghi mesi di campagna elettorale, il presidente Biden sa che dovrà osservare un difficile equilibro: sostenere le operazioni militari ucraine, mandare nuove armi e nuovi finanziamenti, mantenendo unita una recalcitrante opinione pubblica e una coalizione occidentale sfibrata. Il tutto mentre il suo sfidante in pectore, Donald Trump, sembra trovarsi invece perfettamente a proprio agio in un clima di propaganda e fake news , alimentate dai social media e dagli sforzi di chi guarda con interesse ad amplificare la discordia politica e sociale negli Stati Uniti. Sforzi che, dal 2016 ad oggi, non hanno fatto che intensificarsi, arrivando al cuore stesso della politica americana, e minacciando una frattura tra gli Stati Uniti e gli alleati europei. “Non si tratta più di Russia o Ucraina, ma dell’America”, ha detto il giornalista e autore Peter Pomerantsev al servizio russo di VOA. “Gli Stati Uniti continueranno a svolgere il ruolo di una potenza che mantiene le sue promesse, che rispetta le sue alleanze e che è capace di proiettare forza? Oppure sono finiti come potenza seria? Questa è la domanda” ha spiegato. “Ora tutti gli occhi del mondo sono puntati sull’America, e quello che l’America deciderà avrà conseguenze epocali”.

Tratto da ISPI

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