TERRITORI OCCUPATI: ISRAELE DI NUOVO ALLA SBARRA

L’occupazione dei Territori palestinesi all’attenzione della Corte Internazionale di Giustizia. Cresce la pressione su Israele. 

Israele è di nuovo sotto accusa alla Corte internazionale di giustizia dell’Aia (Cig), il massimo tribunale delle Nazioni Unite, per le sue politiche nei Territori palestinesi occupati. In una serie di udienze pubbliche, in corso da lunedì e fino al 26 febbraio, i giudici ascolteranno testimonianze e interventi da oltre 52 Stati e saranno chiamati ad esprimere un parere – non vincolante ma simbolicamente e politicamente significativo – “sulle conseguenze giuridiche della violazione del diritto ai palestinesi all’autodeterminazione, dell’occupazione, della colonizzazione e dell’annessione prolungata dei territori palestinesi dal 1967”. È la prima volta che al più alto organismo della giustizia internazionale viene chiesto di pronunciarsi su questo tema, oggetto di annosi dibattiti e infinite risoluzioni delle Nazioni Unite. A richiederlo è stata una risoluzione dell’Assemblea Generale, approvata nel dicembre 2022, che mette il governo di Tel Aviv nuovamente alla sbarra dopo la recente denuncia del Sudafrica per possibili pratiche genocidarie nell’ambito della guerra a Gaza

Nella prima giornata di udienze, esperti e rappresentanti dell’Autorità nazionale palestinese (ANP) hanno spiegato perché l’occupazione israeliana della Cisgiordania e di Gaza è da considerarsi illegale secondo il diritto internazionale. In un’accesa requisitoria, il ministro degli Esteri palestinese Ryad al Maliki ha accusato Israele di aver negato e violato per oltre un secolo, “il diritto inalienabile del popolo palestinese all’autodeterminazione”. Al Maliki ha illustrato cinque mappe, che mostrano la progressiva erosione del territorio palestinese dal mandato della Società delle Nazioni nel 1920 ad oggi, passando per la sua riduzione alla Cisgiordania e a Gaza dopo la guerra del 1948 e infine dopo decenni di insediamento ebraico . “Sulla mappa finale non c’è la Palestina, ma solo Israele, che comprende tutto il territorio dal fiume Giordano al Mar Mediterraneo”, ha detto al Maliki ai giudici “Questo mostra ciò che si intende ottenere con l’occupazione israeliana prolungata e continua: la completa scomparsa della Palestina e la distruzione del popolo palestinese”. Nell’intervento conclusivo, l’inviato per la Palestina presso le Nazioni Unite Riyad Mansour, visibilmente commosso, ha descritto come il diritto internazionale “non abbia protetto i bambini palestinesi a Gaza o nella Cisgiordania occupata” e sottolineato che una sentenza che dichiarasse illegale l’occupazione israeliana aprirebbe la strada “ad una pace giusta e duratura”.

Nella prossima legislatura, il sostegno alla produzione europea non riguarderà solo la Difesa, ma dovrebbe estendersi a tutti i settori, dalle automobili elettriche alle telecomunicazioni. I numeri parlano chiaro: la crescita dell’Unione è in affanno e non solo rispetto a quella statunitense. Il prodotto interno lordo pro capite degli Stati Uniti è più del doppio di quello dei 27 e il divario è in aumento. L’Europa è in ritardo sulle nuove tecnologie e nella capacità produttiva di semiconduttori mentre i problemi strutturali che minano l’efficacia del mercato unico sono stati ostacolati da anni di crisi. La pandemia prima e la guerra della Russia contro l’Ucraina poi, hanno fatto aumentare i prezzi e i costi dell’energia. Le pressioni demografiche e le difficoltà legate all’istruzione hanno creato una carenza di manodopera qualificata . E intanto gli oneri burocratici – secondo piccole e medie imprese – comprimono il potenziale di crescita. Per questo Von der Leyen ha chiesto all’ex primo ministro italiano e già presidente della Banca centrale europea Mario Draghi di scrivere un rapporto sullo stato della competitività dell’UE e fornire delle proposte per migliorarla e rafforzare il mercato unico.

Sebbene il procedimento alla Corte internazionale di giustizia non porterà ad un parere vincolante, è pur vero che arriva nel mezzo di una crescente pressione internazionale su Israele, mentre la conta dei morti nella Striscia di Gaza supera le 29mila vittime, tra cui una stragrande maggioranza di donne e bambini. Ieri persino Washington ha presentato al Consiglio di sicurezza Onu una bozza di risoluzione che chiede un cessate il fuoco temporaneo a Gaza, esortando Israele a non procedere con l’annunciata invasione di terra a Rafah. Si tratta del primo documento che gli alleati statunitensi propongono dall’inizio della guerra in cui si chiede esplicitamente una tregua, pur lasciando margine sui tempi di entrata in vigore: la bozza, infatti, si limita a dire che l’interruzione dei combattimenti dovrebbe scattare “il prima possibile” . Il documento è un’alternativa al progetto di risoluzione presentato dall’Algeria a nome di vari Stati arabi, in cui invece si chiede un immediato cessate il fuoco umanitario. Su quest’ultimo testo l’ambasciatrice USA Linda Thomas-Greenfield ha già annunciato di voler esercitare il diritto di veto, sostenendo che l’approvazione della risoluzione rischierebbe di “interferire negli sforzi diplomatici per ottenere il rilascio degli ostaggi di Hamas attraverso i negoziati in corso per una tregua di sei settimane”.

Tratto da ISPI

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