JULIAN ASSANGE, QUESTIONE DI DEMOCRAZIA

Dozens of people are taking part in a protest against the extradition of Julian Assange to the US to face trial over leaking military secrets in Duesseldorf, Germany, on February 20, 2024, while the London High Court is hearing the extradition case over these two days. (Photo by Ying Tang/NurPhoto)NO USE FRANCE

Il fondatore di Wikileaks rischia l’estrazione negli Stati Uniti, dove sarebbe processato per spionaggio. “Julian come Navalny” denuncia la moglie e la sua vicenda pone interrogativi sulla libertà di stampa.

Dopo due giorni di audizioni, da parte dell’accusa e del team di avvocati di difesa, l’Alta corte britannica si è ritirata per deliberare: tornerà a pronunciarsi a breve per decidere se accettare o meno il ricorso presentato da Julian Assange contro l’estradizione negli Stati Uniti nell’atto finale di una lunga battaglia giudiziaria. In America, Assange dovrebbe rispondere dei crimini indicati nell’Espionage Act del 1917, che potrebbero valergli a una condanna fino a 175 anni di prigione. Per questo, nel caso in cui i giudici si dichiarassero a favore, l’ultima speranza sarebbe affidata ad un ricorso alla Corte Europea per i diritti dell’uomo . Parlando alla Bbc la moglie del fondatore di Wikileaks, Stella Assange ha ripetuto che per il marito – provato da quasi 5 anni di detenzione in isolamento nel carcere di massima sicurezza britannico di Belmarsh, al punto da non poter presenziare alle udienze – la consegna o meno agli Stati Uniti “è questione di vita o di morte” . La sua salute, infatti, sarebbe talmente compromessa da non consentirgli di sopravvivere a lungo in un carcere statunitense. E ha aggiunto che la sentenza sull’estradizione, “è politica, non giudiziaria”, sottolineando come il governo del Regno Unito “non avrebbe esitato a negare alla Russia di Vladimir Putin una qualunque persona accusata d’aver pubblicato documenti segreti russi”.

La vicenda di Julian Assange, classe 1971, giornalista, hacker e programmatore australiano inizia nel 2007 con la fondazione del sito web Wikileaks, autore della la più grande fuga di documenti governativi classificati nella storia, contenenti tra le altre cose le testimonianze di crimini di guerra commessi dai militari americani contro le popolazioni civili in Afghanistan e in Iraq. La diffusione di immagini, video e rapporti riservati che mostravano il lato oscuro della cosiddetta ‘guerra al terrore’, dichiarata da George Bush all’indomani dell’11 settembre 2001, provocò un enorme danno di immagine all’establishment americano e valse al giornalista l’accusa di “nemico pubblico” degli Stati Uniti. Nel 2010, dopo aver contestato una denuncia di stupro successivamente rivelatasi infondata, Assange fu arrestato nel Regno Unito e poi rilasciato su cauzione. L’anno successivo, prima che Londra mettesse in pratica la sentenza di estradizione inoltrata dalla Svezia, chiese asilo dell’Ecuador, che lo accolse nella sua ambasciata a Londra. Il fondatore di Wikileaks ci sarebbe rimasto per sette anni , godendo della protezione dell’allora presidente Rafael Correa, che riteneva fondata la sua preoccupazione che un’estradizione in Svezia lo avrebbe esposto al rischio di estradizione negli Stati Uniti. Nel 2019, quando il paese sudamericano decise di ritirargli la cittadinanza ed espellerlo dall’ambasciata, i servizi segreti britannici lo arrestarono. Da allora è detenuto, unico giornalista nel Regno Unito, nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, a sud-est di Londra.

Nel corso degli anni, Wikileaks non ha fatto sconti a nessuna parte dello spettro politico, inimicandosi tutto l’establishment americano, democratici compresi, che lo ritengono in parte responsabile della sconfitta di Hillary Clinton contro Donald Trump nelle presidenziali del 2016. E tra le accuse che vengono mosse al suo fondatore c’è quella di aver favorito – contribuendo a demolire la reputazione statunitense – gli interessi del Cremlino e di altri regimi autoritari. Wikileaks, ad esempio, avrebbe svolto un ruolo cruciale nell’aiutare Edward Snowden, la ‘gola profonda’ della National Security Agency, a cercare asilo a Mosca, il sito si sarebbe rifiutato di pubblicare  “un’ampia mole di documenti” provenienti dal ministero della Difesa russo che descrivevano dettagliatamente le attività militari e dell’intelligence di Mosca in Ucraina. Accuse rispedite al mittente dai suoi legali come “parte della propaganda volta a demonizzarlo”, ma che non ha scalfito in alcuni l’impressione che il fondatore di Wikileaks sia, come scrive James Kirchick sulle colonne del NewYork Times un uomo “ossessionato dalle carenze delle democrazie e sospettosamente disinteressato ai crimini delle dittature ”. In aula gli avvocati del governo americano hanno più volte ribadito che Assange non è perseguito per le sue opinioni politiche ma “per aver danneggiato i servizi di sicurezza e di intelligence statunitensi” e per “aver creato un grave rischio, pubblicando indiscriminatamente e consapevolmente i nomi di persone che hanno agito come fonti di informazione per gli Stati Uniti”. 

Il caso Assange non si limita alla vicenda giudiziaria di un solo uomo e gli attivisti per le libertà civili sostengono che la decisione di estradarlo rappresenta una grave minaccia per il giornalismo e la libertà di stampa. A pochi giorni dalla morte di Alexei Navalny l’epopea giudiziaria del fondatore di Wikileaks ha sollevato numerosi e inquietanti parallelismi. “L’attacco a Julian è un attacco ai giornalisti di tutto il mondo , un attacco alla verità e un attacco al diritto dell’opinione pubblica di conoscerla”, ha tuonato Edward Fitzgerald, uno degli avvocati difensori, spalleggiato dalle centinaia di attivisti radunatisi davanti all’Alta Corte di Londra, per cui il fondatore di Wikileaks, dovrebbe essere un esempio in una società democratica che si fa vanto delle sue conquiste di accountability e trasparenza, la cui violazione rimproveriamo alla Russia di Putin. La sua estradizione negli Stati Uniti, al contrario, comporterebbe “una minaccia senza precedenti per il giornalismo e la libertà di espressione”. Divulgare informazioni sensibili nell’interesse pubblico è infatti una parte fondamentale del lavoro quotidiano dei giornalisti: se venisse criminalizzato, il confine tra democrazie e regimi autoritari ne risulterebbe irrimediabilmente sbiadito.

Tratto da ISPI

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