Festival della Partecipazione Amministrazione condivisa come antidoto alla solitudine

Si scrive “partecipazione” ma si legge in modi diversi a seconda del momento storico, perciò dagli Anni Settanta del secolo scorso a oggi della partecipazione in Italia si sono date molte diverse interpretazioni. Tuttavia mai la partecipazione alle attività amministrative ha avuto un ruolo così rilevante e ha prodotto effetti sociali così importanti, come in questi anni grazie all’amministrazione condivisa.

Sarà quindi particolarmente significativa la riflessione sull’amministrazione condivisa che si svolgerà sabato 23 settembre a Bologna nell’ambito del Festival della Partecipazione. L’amministrazione condivisa è infatti una forma di partecipazione del tutto inedita, dei cui vantaggi l’Italia ha potuto beneficiare grazie da un lato alla presenza nella nostra Costituzione del principio di sussidiarietà (art. 118, ultimo comma), dall’altro grazie all’elaborazione nel 1997 della teoria dell’amministrazione condivisa, che di quel principio costituisce lo strumento attuativo.

Ci sono molte differenze fra le procedure partecipative tradizionali e la partecipazione che si realizza attraverso i patti di collaborazione. In particolare, i cittadini attivi non partecipano ai processi decisionali pubblici, bensì direttamente alla soluzione dei problemi che riguardano la comunità, insieme con l’amministrazione, con cui collaborano alla pari. 

Inoltre è vero che i cittadini attivi sono volontari, nel senso che scelgono volontariamente di partecipare alla cura dei beni pubblici sottoscrivendo un patto di collaborazione. Ma a differenza dei volontari tradizionali, che si prendono cura di persone in difficoltà, i cittadini attivi si prendono cura dei beni comuni, materiali e immateriali: piazze, parchi, scuole, beni culturali, e così via.

In realtà, però, prendendosi cura dei beni comuni i cittadini attivi si stanno indirettamente prendendo cura anche delle persone che useranno quei beni. Infatti la partecipazione alla vita pubblica attraverso i patti di collaborazione produce effetti sociali rilevantissimi (che le altre forme di partecipazione non producono) che rappresentano il vero valore aggiunto e la caratteristica distintiva dell’amministrazione condivisa, aggiungendo agli effetti materiali positivi prodotti sull’ambiente urbano dalla cura dei beni comuni, effetti immateriali ancora più importanti. 

Perché quando i cittadini si prendono cura di un bene comune grazie ad un patto di collaborazione intorno a quel bene si crea una comunità di persone che, nel prendersi cura del bene, in realtà si stanno prendendo cura di se stesse, in quanto partecipare alle attività previste dai patti produce capitale sociale, senso di appartenenza, integrazione (degli stranieri, ma non solo) e fiducia reciproca fra i cittadini e verso le istituzioni. Per questo diciamo che i patti di collaborazione sono, fra le altre cose, anche un antidoto alla solitudine, aiutando a contrastare una delle piaghe sociali dei nostri tempi.

di Gregorio Arena Presidente emerito Labsus

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