Pace e Gratitudine, due bussole per fermare le 60 guerre del mondo

Si celebrano entrambe a fine estate, il 21 settembre, le Giornate dedicate in tutto il mondo alla Gratitudine e alla Pace. E forse non è un caso. La prima – gratitudine dal latino gratia – fu proposta da un filosofo e maestro di meditazione nel 1965 ma celebrata ufficialmente solo dodici anni più tardi. Ci è poi stato spiegato che la gratitudine è una emozione umana potente che ha un impatto anche sulla nostra salute, sul benessere. Un ingrediente, insomma, insostituibile per la felicità. In realtà sembra averlo avuto già ben chiaro Seneca quando nelle Lettere a Lucilio scrive che chi mostra gratitudine, come chi fa del bene a un altro, in realtà fa un regalo a se stesso: “Il guadagno di un’azione virtuosa consiste nell’averla compiuta”.

La gratitudine dunque cammina assieme alla gentilezza, è benzina della fiducia reciproca, della lealtà. Che sono mattoncini a loro volta indispensabili per costruire la pace in un mondo attraversato dai conflitti e dalle ingiustizie e devastato da calamità naturali, sismi, alluvioni. Perché è passato del tempo dall’idea cara ai nostri padri del Si vis pacem, para bellum (Se vuoi la pace prepara la guerra). E a noi, invece, senza accontentarci di ciò che scrivono i vocabolari (“pace” uguale a “situazione in cui sono assenti guerre e conflitti”) piace tenere a mente la parte conclusiva del promemoria di Gianni Rodari: “Ci sono cose da non fare mai, né di giorno né di notte, né per mare né per terra: per esempio, la guerra”.

Pace e gratitudine, dunque, sono due celebrazioni in una da ricordare ogni giorno dell’anno. E perché l’umanità non si abitui alle guerre, alle distruzioni, alle ingiustizie ecco che l’Armed conflict location & event data project, una organizzazione non governativa statunitense specializzata nelle mappature dei conflitti nel mondo, ci informa che in questo momento sono in corso quasi una sessantina di conflitti. Che siano ad alta intensità (vedi Ucraina-Russia) o a bassa intensità (come il conflitto tra Pakistan e India per la regione del Kashmir che continua a mietere centinaia di vittime ogni anno) e ancora Nigeria, Yemen, Siria, e poi Birmania,  e Afghanistan  in guerra dagli anni Settanta, con milioni di vittime e un incalcolabile numero di rifugiati. O in Messico, contro i narcos. Sono tutte guerre.

di Paola D’Amico

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