UCRAINA: LA CHIAMATA ALLE ARMI CHE DIVIDE

FILE PHOTO: French President Emmanuel Macron attends a press conference at the end of the conference in support of Ukraine, with European leaders and government representatives, at the Elysee Palace in Paris, France, February 26, 2024. REUTERS/Gonzalo Fuentes/Pool/File Photo

Le dichiarazioni di Macron sull’invio di soldati in Ucraina sollevano un coro di smentite e mostrano ancora una volta le divisioni tra gli alleati europei.

Continuano a far discutere le dichiarazioni di Emmanuel Macron sulla possibilità che i paesi occidentali inviino soldati in Ucraina per sostenere l’esercito contro l’invasione russa. A margine della Conferenza per il sostegno a Kiev organizzata dall’Eliseo, il presidente francese ha dichiarato, che “nulla si può escludere” e che la sconfitta della Russia è necessaria per garantire la “sicurezza collettiva dell’Europa”. Le sue parole – pronunciate mentre il conflitto entra nel terzo anno – hanno avuto sul Vecchio Continente l’effetto di una scarica elettrica, sollevando reazioni e smentite: “Nessun soldato sarà inviato in Ucraina da paesi europei o della Nato. Ciò che è stato deciso tra noi fin dall’inizio continua ad essere valido per il futuro” ha detto il cancelliere tedesco Scholz precisando che “non ci saranno truppe sul terreno, né soldati inviati dagli Stati europei o dagli Stati della Nato sul suolo ucraino”. La questione “non è affatto rilevante in questo momento” secondo Ulf Kristersson, il primo ministro svedese, che ha sottolineato come “su questo non c’è alcuna richiesta da parte dell’Ucraina”. Ipotesi simili “potrebbero far pensare che siamo in guerra con la Russia” ha chiarito il ministro Antonio Tajani, mentre “noi difendiamo l’Ucraina”. Distinguo e prese di distanza sono arrivati in rapida successione da altri governi europei, oltre che dal Segretario Nato Jens Stoltenberg e dalla Casa Bianca, che ha chiarito che gli Stati Uniti “non invieranno soldati a combattere in Ucraina”. Neanche la reazione di Mosca si è fatta attendere: l’invio di truppe Nato in Ucraina “non sarebbe nell’interesse” dell’Occidente secondo il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, perché prefigura uno scontro armato diretto che in quel caso, ha detto, “sarebbe inevitabile”.

I soldati stranieri ci sono già?

Pur avendo affidato al ministro degli Esteri Stephane Sejourné una parziale rettifica di quanto affermato dal presidente, Parigi insiste sul fatto che bisogna “pensare a nuove azioni” come lo sminamento, il settore cyber e la produzione di armamenti sul territorio ucraino. “Alcune di queste azioni potrebbero rendere necessaria una presenza sul territorio ucraino, senza oltrepassare la soglia della belligeranza” ha spiegato Sejourné. D’altro canto non è più un segreto per nessuno che diversi paesi occidentali abbiano già dei militari in Ucraina per coordinare e agevolare l’uso di tecnologie belliche fornite a Kiev. Inoltre, anche se mancano cifre ufficiali, circa 20mila stranieri provenienti da oltre 50 paesi starebbero volontariamente combattendo in Ucraina. Al punto che tra le crescenti preoccupazioni per la carenza di truppe, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky abbia emesso un decreto che consente ai cittadini stranieri che risiedono legalmente nel paese di entrare nella Guardia Nazionale. E non è un caso che proprio dalla capitale ucraina arrivi il pressoché unico comento positivo alle parole di Macron: è ‘un buon segnale’ ha affermato il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak, aggiungendo che la dichiarazione del presidente francese “porta chiaramente la discussione ad un altro livello”.

Dalla morte cerebrale al whatever it takes?

Ne è passata di acqua sotto i ponti dall’ultima volta in cui le parole del presidente francese avevano sollevato tante polemiche: era il 9 novembre 2019 e in un’intervista al settimanale The Economist Macron dichiarò che l’Alleanza Atlantica versava in condizioni di “morte cerebrale”. L’Europa – era stato il suo monito – avrebbe rischiato di “scomparire” se non avesse cominciato a concepirsi “come una potenza del mondo”. Meno di due anni e mezzo dopo, l’invasione russa in Ucraina avrebbe fornito alla Nato l’elettroshock di cui aveva bisogno per riaversi: i paesi membri hanno cominciato ad investire di più nella difesa e l’alleanza si è allargata con l’ingresso di Svezia e Finlandia, che hanno abbandonato decenni di ‘neutralità strategica’ per aderire al Patto Atlantico. In appena 24 mesi il presidente francese è passato da aspirante pacificatore, seduto ad un tavolo sproporzionatamente grande con Vladimir Putin, a paladino della sicurezza europea al punto da infrangere quello che finora era considerato un tabù. “Faremo tutto il necessario – ha detto – per garantire che la Russia non vinca questa guerra”. Presentando le ambizioni imperialiste di Putin come una minaccia esistenziale per l’Europa, Macron ha tentato di ricreare un momento “whatever it takes”scrive il Financial Times osservando però che considerate le reazioni “l’episodio potrebbe aver messo in luce qualcosa di più preoccupante: la divisione degli alleati su quanto siano disposti a spingersi per aiutare l’Ucraina”.

Parola d’ordine autonomia?

Se le parole del presidente francese, da sempre convinto sostenitore dell’autonomia strategica, hanno sollevato un coro di critiche, è pur vero che almeno la Francia non nasconde la testa sotto la sabbia: man mano che la campagna elettorale americana procede, appare sempre più chiaro infatti che il prossimo novembre Donald Trump potrebbe correre a nome dei Repubblicani per la Casa Bianca e perfino ritornarci tra meno di un anno. Sarebbe uno scenario da incubo per l’Europa considerate anche le recenti dichiarazioni del tycoon sulla Nato. Un Trump 2.0, secondo numerosi esperti americani, sarebbe molto peggio della ‘versione originale’: più vendicativo e con meno vincoli. Il suo programma prevede nero su bianco il “completamento della missione di rivalutazione della NATO” lanciata durante il primo mandato. La formulazione lascia poco all’immaginazione e pur tenendo conto della retorica da campagna elettorale, nessuno può farsi illusioni su dove voglia condurre. Ma se anche Trump non dovesse essere eletto, la questione è destinata a rimanere centrale: gli Stati Uniti non si occuperanno della difesa dell’Europa per sempre, e c’è una grande differenza tra spendere leggermente di più per la difesa e prepararsi seriamente per farsi carico della propria sicurezza, mentre le nubi all’orizzonte non fanno che addensarsi.

Tratto da ISPI

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