I NUOVI DATI DELLA CRISI IN MAR ROSSO

• I costi di trasporto di un container “tipico” da Shanghai a Genova sono più che quadruplicati nel giro di un mese e mezzo. E la crisi sta contagiando zone del mondo anche molto lontane: persino i costi di trasporto da Shanghai a Los Angeles, che attraversano l’Oceano Pacifico, sono raddoppiati. 

• A metà gennaio il traffico commerciale dallo stretto di Bab el-Mandeb si era ridotto di più della metà (–55%), riflettendosi sul traffico dal canale di Suez (–40%). Allo stato attuale, l’Egitto rischia di perdere 4 miliardi di dollari di entrate dal canale di Suez, che equivalgono all’1% del proprio PIL. 

• Nei porti italiani, invece, la crisi al momento sembra essere rientrata. Dopo un primo brusco calo da metà dicembre (che a metà gennaio ha toccato anche il –25%), il numero di grandi navi che raggiungono i 6 maggiori porti italiani è risalito verso livelli normali, assestandosi nell’ultima settimana sul –5%.

Tra la fine di novembre e il 25 gennaio, il costo per trasportare un container “tipico” da Shanghai a Genova è più che quadruplicato, passando da 1.400 a 6.400 dollari. È una conseguenza diretta del rischio che le navi commerciali che attraversano lo Stretto di Bab el-Mandeb, da o verso il Canale di Suez, diventino un bersaglio per gli attacchi dei ribelli Houthi in Yemen. 
Non è la prima volta che, negli ultimi anni, il commercio marittimo mondiale va incontro a una crisi di portata simile. Nel corso del 2021, con la ripresa dei commerci alla fine delle peggiori ondate della pandemia, il costo di trasporto mondiale di un container tipico aveva superato i 10.000 dollari, per poi tornare a scendere. Stavolta però la crisi ha avuto uno sviluppo più rapido: nel 2021 occorse circa un anno per arrivare al suo picco, e sette mesi per superare quota 6.000 dollari, contro il mese e mezzo attuale. 
E, anche se resta ancora una crisi regionale, ci sono segnali che la crisi stia avendo conseguenze anche su luoghi molto distanti del mondo. Il costo per trasportare un container da Shanghai a Los Angeles, per esempio, attraversando l’Oceano Pacifico, è ormai raddoppiato.

Questa settimana, ci sono segnali che la crisi si stia “stabilizzando”, o forse sarebbe meglio dire cronicizzando. I passaggi di grandi navi portacontainer, petroliere o metaniere dagli stretti di Bab el-Mandeb e di Suez non è più in calo continuo, ma si sta stabilizzando su livelli rispettivamente di –55% e –40% rispetto a quelli pre-crisi. Il motivo per cui il crollo del traffico da Suez è leggermente meno pronunciato è che una parte delle navi portacontainer, petroliere e metaniere che attraversa il Canale si ferma nei porti che affacciano sul Mar Rosso, per esempio quello saudita di Jeddah. Per l’Egitto, comunque, una riduzione dei traffici di questa entità da Suez significherebbe una perdita di circa 4 miliardi di dollari: l’1% del PIL egiziano, ma soprattutto uno dei principali afflussi di dollari, moneta forte e un salvagente per un Paese che l’anno scorso è stato costretto a utilizzare la metà delle entrate fiscali dello Stato per pagare gli interessi sul debito. 

Stando agli ultimi dati, la riduzione dei traffici nei sei principali porti italiani (Genova, Venezia, Trieste, Gioia Tauro, Augusta e Livorno, che insieme rappresentano il 54% delle importazioni ed esce il 40% delle esportazioni marittime italiane) sembra essere significativamente rientrata. 
A fronte di un picco che ha toccato anche il –20% nelle prime fasi di questa crisi, nelle ultime due settimane il flusso è in netta ripresa e sembra attestarsi intorno al –5%. La situazione è però in continua evoluzione e andrà attentamente monitorata nel corso del tempo.

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