HAMAS SULLE ORME DELL’ISIS?

I pogrom contro 1200 cittadini in Israele sono, per tutti coloro che credono nella democrazia e nei diritti umani, un punto di non ritorno o forse solo il ritorno del male assoluto. Perciò bisogna interrogarsi sull’ideologia di Hamas. Un’organizzazione terroristica nata da una costola dei Fratelli Musulmani egiziani che vuole, per statuto, la distruzione dello Stato di Israele e tiene in ostaggio la popolazione palestinese nella striscia di Gaza, facendo leva sulla disperazione e la frustrazione di un popolo che è stato confinato anche dalle politiche aggressive di Israele. “Con l’operazione Alluvione di al-Aqsa, ha adottato una feroce spettacolarizzazione dei crimini, come ha sempre fatto l’Isis per moltiplicare dolore e reclutare jihadisti”, spiega Giovanni Giacalone, esperto di islamismo e terrorismoconsulente del centro Itstime dell’Università Cattolica di Milano e del think tank britannico Islamic Theology of Counter-Terrorism (ITCT). 

L’assalto terroristico perpetrato da Hamas sabato 7 ottobre è di una tipologia ben differente da quelli che eravamo abituati a vedere. Nei filmati, diffusi dagli stessi terroristi, si vede chiaramente come Hamas non faccia alcuna distinzione tra militari e civili, tra giovani, donne, anziani e persino bambini. Sono tutti bersagli legittimi perché ‘occupano’ la Palestina, come affermato da due esponenti del direttivo di Hamas. Nelle immagini abbiamo visto persino un cane ucciso a sangue freddo, a colpi di kalashnikov. Hamas vuole inorridire il mondo, vuole far vedere di cosa è capace, esattamente come faceva l’Isis. Hamas mostra una strategia simile a quella dell’Isis: dall’assalto di tipo militare al vasto utilizzo di ostaggi provenienti da vari Paesi del mondo (non soltanto israeliani) ma soprattutto, ribadisco, per la spettacolarizzazione dei crimini filmati e diffusi dagli stessi terroristi. Ed è plausibile che questo drammatico ‘cinema’ continuerà nel momento in cui Hamas deciderà di uccidere gli ostaggi, come già anticipato dall’organizzazione stessa. Altra modalità in stile Isis”.

Si parla poco di quello che Hamas fa e ha fatto alla popolazione palestinese, imponendo un regime islamista, applicando la sharia, torturando e uccidendo chiunque osi esprimere dissenso. Persino Amnesty International, molto critica nei confronti delle politiche israeliane, nel 2015 ha scritto un report per denunciare la brutale campagna di rapimenti, torture e omicidi illegali contro i palestinesi accusati di collaborazionismo. Il rapporto Strangling Necks: Abduction, torture and summary killings of Palestinians by Hamas forces during the 2014 Gaza/Israel conflict mette in evidenza la tortura e le esecuzioni di civili, inclusi membri e sostenitori dei rivali politici di Hamas, al-Fatah. “Nel caos del conflitto ha concesso ai suoi servizi di sicurezza il via libera per commettere orribili abusi. Queste azioni raggelanti, alcune delle quali costituiscono crimini di guerra, sono state concepite per vendicarsi e diffondere paura in tutta la Striscia di Gaza” dichiarò allora Philip Luther, Direttore del Programma per il Medio Oriente e l’Africa del Nord di Amnesty International. 

“Le forze di Hamas hanno mostrato disprezzo per le regole più fondamentali del diritto internazionale umanitario. La tortura e il trattamento crudele dei detenuti in un conflitto armato sono crimini di guerra. Le esecuzioni extragiudiziali sono crimini di guerra”, ha aggiunto Philip Luther. Un esempio? Atta Najjar, un ex agente di polizia dell’Autorità Palestinese affetto da disabilità mentale, stava scontando una pena detentiva di 15 anni imposta da un tribunale militare dopo essere stato arrestato nel 2009 e successivamente condannato per “collaborazionismo” con Israele. Il 22 agosto 2014 è stato portato fuori dal carcere e giustiziato. “Sul suo corpo c’erano segni di torture e colpi di arma da fuoco. Le sue braccia e le sue gambe erano rotte… il suo corpo era come se lo avessi messo in un sacco e lo avessi distrutto… Il suo corpo era crivellato da circa 30 proiettili. Aveva segni di massacro attorno al collo, segni di coltelli… E da dietro la testa non c’era cervello. Vuoto… Facevamo fatica a trasportarlo… Era pesante, come quando metti la carne in un sacco; niente ossa. Le sue ossa erano fracassate. Lo hanno spezzato in prigione”, ha detto suo fratello, che ha recuperato il corpo dall’obitorio dell’ospedale di al-Shifa il 22 agosto 2014. 

Hamas commise per la prima volta un attentato suicida nell’aprile 1993, cinque mesi prima che il leader dell’OLP Yasser Arafat e il primo ministro israeliano Yitzhak Rabin firmassero gli Accordi di Oslo. Lo storico patto istituì un limitato autogoverno per parti della Cisgiordania e di Gaza sotto un’entità di nuova creazione chiamata Autorità Palestinese (PA). Hamas condannò gli accordi, così come il riconoscimento reciproco dell’OLP e di Israele, che Arafat e Rabin accettarono ufficialmente con lettere inviate giorni prima di Oslo. Fondata da Ahmed Yassin nel 1987, come braccio politico della Fratellanza musulmana egiziana dopo lo scoppio della prima intifada (rivolta palestinese contro l’occupazione israeliana della Cisgiordania, di Gaza e di Gerusalemme Est), Hamas rende pubblico l’anno dopo il proprio “statuto”, ispirato alla legge di Allah, in cui si pone come obiettivo la distruzione di Israele e l’istituzione di uno stato islamico in Palestina, sostenendo che la Palestina è una patria islamica che non potrà mai essere ceduta a non musulmani e che condurre una guerra santa per sottrarre il controllo della Palestina a Israele è un dovere religioso per i musulmani palestinesi. 

Questa posizione radicale ha portato al conflitto con l’OLP, che nel 1988 ha riconosciuto il diritto all’esistenza di Israele. Hamas fa parte di un’alleanza regionale che comprende l’Iran, la Siria e il gruppo islamista sciita Hezbollah in Libano, tutti ampiamente contrari alla politica statunitense in Medio Oriente e in Israele. Dal 2007 governa la Striscia di Gaza, dove vivono due milioni di persone. L’Iran è uno dei principali finanziatori di Hamas, contribuendo al movimento non solo economicamente, ma anche con la fornitura di armi e addestramento. Secondo il Dipartimento di stato americano, Teheran fornirebbe circa 100 milioni di dollari all’anno ad Hamas, PIJ (Palestinian Islamic Jihad) e altri gruppi palestinesi, considerati organizzazioni terroristiche dagli Stati Uniti. Secondo un sondaggio del giugno 2023 del Palestinian Center for Policy and Survey Research (PCPSR), un terzo dei palestinesi considera Hamas lo “sviluppo” più dannoso per il loro popolo dalla creazione dello Stato di Israele nel 1948. 

Cosa succederà ora che ha mostrato il suo volto più feroce? “La strage del 7 ottobre sembra una mossa disperata, forse nella speranza di sabotare la normalizzazione tra Israele e Arabia Saudita, probabilmente incalzata dall’Iran, che vuole scongiurare a tutti i costi questo processo. Israele cercherà di chiudere i conti con Hamas una volta per tutte. E quello di Hamas appare come un suicidio, ma del resto la loro ideologia si basa anche sul culto del martirio”, conclude Giacalone. Secondo tanti osservatori, infatti, la strage compiuta sabato scorso potrebbe essere considerata una scelta suicida per Hamas. Come ha scritto Giordano Stabile su La Stampa: “La leadership del movimento sa che pagherà un prezzo altissimo. Migliaia di miliziani finiranno uccisi o prigionieri. I corpi d’élite saranno sterminati. L’attacco del 7 ottobre è un suicidio programmato”. In passato Hamas ha sempre usato razzi, attacchi suicidi ed esseri umani come scudo. Ora per uscire dall’angolo, forzare l’assedio che dura dal 2007, si immola per far tornare indietro le lancette della storia e cancellare ogni chance di pace fra israeliani e palestinesi.

Cristina Giudici, giornalista

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