RUSSIA: LE VERITÀ NASCOSTE

Le dichiarazioni di Putin e Prigozhin sollevano più interrogativi di quanti non ne chiariscano. Ma il leader del Cremlino non è noto per essere uno che perdona i tradimenti e la sensazione è che qualcosa debba ancora, necessariamente, accadere.

Mentre in Russia (e non solo) fioriscono retroscena e versioni disparate sugli avvenimenti di sabato, Vladimir Putin è tornato a rivolgersi al paese dopo due giorni di silenzio, spiegando che il pericolo è passato. “Gli ammutinati non sono riusciti a spaccare la Russia” – ha detto il presidente – “salvata dalla distruzione” grazie alla fedeltà dei suoi militari e dei suoi servizi di sicurezza. Un discorso di pochi minuti, in cui il leader del Cremlino si intesta il merito di aver evitato “un bagno di sangue”, perché “la rivolta sarebbe stata soffocata” comunque, ma lui ha evitato di dare l’ordine di sparare sui rivoltosi prima che la marcia si fermasse, a 200 chilometri dalla capitale. Putin ha quindi assicurato che manterrà la parola data nell’accordo mediato dal presidente bielorusso Alexander Lukashenko, offrendo ai miliziani della Wagner la possibilità di trasferirsi in Bielorussia senza dover essere processati. In alternativa, possono mettersi al servizio del ministero della Difesa. A due giorni dalla rivolta dei mercenari, il presidente ha cercato di mostrare che la situazione è di nuovo saldamente sotto il suo controllo e che tutto è tornato alla normalità. Ma è un tentativo che non convince: il leader russo non è noto per essere uno che perdona i tradimenti e nel suo discorso non ha mai nominato il leader delle milizie insorte, Yevgeny Prigozhin. Intanto a Mosca le misure di sicurezza speciali sono state revocate, mentre il ministro della Difesa Sergei Shoigu è riapparso in un video mostrato dalla televisione mentre visita le truppe al fronte. Anche se alcuni importanti blogger russi che seguono le vicende del conflitto in Ucraina hanno detto che la visita sarebbe avvenuta venerdì, quindi un giorno prima della ribellione, e avrebbe avuto in realtà come teatro la regione di confine russa di Belgorod, presa costantemente di mira dai bombardamenti ucraini.

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