AFGHANISTAN: INDIETRO TUTTA

I talebani ripristinano la lapidazione delle donne. È l’ultimo passo verso il ritorno all’oscurantismo nel silenzio della comunità internazionale.

A poco più di due anni e mezzo dal disastroso ritiro americano e dal ritorno al potere dei Talebani, l’Afghanistan ha ‘finalmente’ completato il suo regresso all’oscurantismo. Dopo aver ripristinato l’obbligo ad indossare il burqa, aver chiuso le scuole di ogni forma e grado e precluso alle donne tutti gli spazi pubblici e di lavoro, Kabul ha annunciato ‘l’atteso ritorno’ di un grande cavallo di battaglia del regime talebano: la lapidazione delle adultere. Lo ha reso noto nel fine settimana il leader supremo Hibatullah Akhundzada che in un intervento alla televisione di stato dalla roccaforte talebana di Kandahar, ha sintetizzato così il punto di vista del governo: “Qualcuno potrebbe definirla una violazione dei diritti delle donne, quando le lapidiamo o le fustighiamo pubblicamente per aver commesso adulterio, perché ciò è in conflitto con i loro principi democratici” ha detto: “[Ma] io rappresento Allah, e loro rappresentano Satana”. Il leader supremo del regime più illiberale al mondo, tuttavia, può accantonare le sue preoccupazioni: nessuno è insorto contro la decisione che sancisce, una volta per tutte, il ritorno all’apartheid di genere e smantella ogni residuo diritto e protezione per 14 milioni di donne e ragazze. “Con questo annuncio da parte del leader talebano è iniziato un nuovo capitolo di punizioni private e le donne afghane stanno sperimentando la profonda solitudine”, ha commentato Safia Arefi, avvocato e capo dell’organizzazione afghana per i diritti umani Women’s Window of Hope. “Nessuno è più al loro fianco per salvarle dalle punizioni dei talebani. La comunità internazionale ha scelto di rimanere in silenzio di fronte a queste violazioni dei diritti delle donne”, ha aggiunto.

Come prima, peggio di prima?

In aperta contraddizione con le promesse formulate nell’agosto del 2021, quando dopo un’insurrezione ventennale contro il governo sostenuto dagli Stati Uniti sono tornati a Kabul, i Talebani hanno ripristinato un sistema di leggi e regole che riflette una visione rigorosa della Sharia, comprese le punizioni corporali. Un passo dopo l’altro hanno ricreato un regime in tutto e per tutto simile a quello in vigore negli anni ’90 – noto per l’espiazione pubblica delle pene, tra cui lapidazioni, amputazioni ed esecuzioni di piazza – limitando sistematicamente i diritti umani e le libertà delle donne e accrescendo il proprio isolamento internazionale. Oggi nelle città e nelle aree rurali dell’Afghanistan le donne non possono camminare liberamente per le strade. A milioni di ragazze è vietato ricevere un’istruzione e neppure possono generare reddito per contribuire al sostentamento delle proprie famiglie. Secondo le Nazioni Unite, l’Afghanistan è oggi il posto peggiore al mondo in cui nascere e in cui diventare madre: in assenza di adeguata assistenza sanitaria, infatti, ogni due ore una donna muore di parto e il controllo delle nascite è vietato. Sempre più ragazze ragazze sono costrette a sposarsi, spesso con uomini molto più anziani, e i tassi di suicidio tra le giovani e meno giovani sono in costante aumento.

Incubatore del terrorismo?

Sarebbe scorretto, tuttavia, sostenere che l’Afghanistan sia tornato al punto di partenza. La situazione infatti è peggiore di quanto non lo fosse trent’anni fa. Ogni nuova restrizione sulle donne rafforza la presa dei talebani sull’intera popolazione e alimenta l’estremismo in una società permeata dai gruppi armati e dal jihadismo. Sebbene il regime di Kabul combatta il gruppo terroristico noto come Stato islamico della Provincia del Khorasan (ISKP) – responsabile tra gli altri dell’attacco che il 23 marzo a Mosca ha ucciso oltre 130 persone – consente ad altri gruppi terroristici di operare liberamente nel paese. L’ultimo rapporto di monitoraggio delle sanzioni delle Nazioni Unite, pubblicato nel gennaio 2024, rileva che al Qaeda ha istituito otto nuovi campi di addestramento sul territorio afghano, mentre il Tehreek-e-Taliban Pakistan, che ha numerose basi nel paese è responsabile di un numero crescente di attacchi contro civili e forze armate pakistane. La frustrazione e le tensioni generate da una situazione in rapido deterioramento sono tali che lo scorso anno Islamabad ha minacciato e poi intrapreso una campagna per respingere i rifugiati afghani, citando problemi di sicurezza. A dicembre 2023 erano stati deportati giù più di mezzo milione di afghani, tra cui numerosi donne e bambini.

Tratto da ISPI

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