GAZA: LA QUESTIONE OSTAGGI E LA PARTITA TURCA

Hamas libera altri due prigionieri con la mediazione egiziana, mentre la Turchia si ritrova in un difficile equilibrismo “tra ideologia e pragmatismo”, da cui potrebbe però trarre vantaggio.

La crisi in Medio Oriente sembra essersi assestata in una condizione di “stallo movimentato”. Se da una parte, infatti, non ha ancora preso il via l’annunciata operazione di terra israeliana a Gaza, in risposta all’offensiva lanciata da Hamas il 7 ottobre scorso, si registrano dinamiche rilevanti sul fronte diplomatico e umanitario. Nella serata di lunedì 23 ottobre Hamas ha infatti rilasciato altri due ostaggi – dopo le due cittadine statunitensi liberate nei giorni precedenti. Il movimento ha restituito a Israele le anziane Yocheved Lifshitz, 85 anni, e Nurit Cooper, 79 anni, dopo aver diffuso anche un video online in cui si mostrano miliziani di Hamas trattare con una certa deferenza le due donne prima di rilasciarle. Sempre nella serata di lunedì, il presidente statunitense Joe Biden e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu hanno avuto una conversazione telefonica, durante la quale l’inquilino della Casa Bianca “ha accolto con favore il rilascio di altri due ostaggi da Gaza”. Come evidenzia il sito d’informazione statunitense Axios, Hamas ha descritto il rilascio dei due ostaggi come il risultato della mediazione egiziana. Nell’annuncio iniziale di Hamas su Telegram si citava anche il Qatar, ma il portavoce ha poi cancellato il riferimento al paese arabo. In queste ore, tuttavia, molti interrogativi si appuntano sul ruolo non tanto dell’emirato del Golfo, ma della Turchia di Recep Tayyip Erdogan, stretta tra la necessità (anche propagandistica) di sostenere Hamas di fronte all’opinione pubblica interna e del mondo islamico in generale, e un rapporto con Israele che è ormai stabile e consolidato.

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